lunedì 28 luglio 2014

Storie di ordinaria devastazione

Venerdì 25 luglio 2014, Mondo Ichnusa, ore 22:35, Marina di Torregrande, OR.

Mi arriva addosso il contenuto indefinito di una bottiglia, che spero sia vivamente birra o vino. Sperare nell'acqua serebbe un miracolo. Sul palco c'è Salmo, un rapper Olbiese che mi ha preso malissimo. Il mio amico, visibilmente ubriaco continua ad abbracciarmi perchè quando è così, vuole bene a tutti.
Attorno a me, circa trentamila persone. Cazzo.

Rewind.

Esco di casa alle quattro del pomeriggio, che c'è da andare a prendere A. e accompagnarlo dal meccanico, poi si prende l'altro A. e L., cui ho detto che sarei passato alle 16:30, preciso e puntuale. Ovviamente, arriviamo alle 17:30, con un'ora di ritardo.

Borsa frigo con le birre e un nostro beverone, e via che si va. Siamo in quattro in auto, sulla ia fida 500 che va a gas, per un peso totale che supera i 400 kg. Se l'auto non mi ha abbandonato quel giorno, confido che non lo farà mai più.
Il viaggio scorre tranquillo tra musica di merda (tipo la canzone del Campari, la Canzone del Piave e ROSVITA) e stronzate varie, a tipo 1 chilometro dalla meta mi scappa la piscia e mi fermo in una piazzuola, quando ovviamente stanno passando almeno cinquemila delle trentamila persone che poi ci saranno la notte. Sulle note di "Strapazzami di coccole", ci mettiamo a ballare mezzi ciucchi, tant'è che si ferma L. un nostro amico che ci ha riconosciuto da lontano mentre passava con la sua macchina lì di fronte.
Alla fine si riparte, si parcheggia affanculo perché ci sono troppe macchine e si va a mangiare uno di quei panini orribili dai chioschetti ambulanti, altresì detti "Caddozzo" e si inizia a bere l'intruglio magico, per l'occasione Rum & Cola della migliore annata Eurospin e ci si dirige più o meno sotto al palco.

Fast Foward.

Il grado di ubriachezza raggiunge livelli preoccupanti, quando i Subsonica fanno il loro ingresso. Ma alla fine i chilometri, la stanchezza, il viaggio, l'alcolismo, le zanzare fottutissime, sono valsi la pena, anche solo per ascoltare Tutti i miei Sbagli e sopratutto L'Odore.


E alla fine, tra gente che dormiva, gente che selfava la gente che dormiva, altre canzoni da auto un attimino migliori dell'andata, alle 4 del mattino siamo tornati sani e salvi a casa, soddisfatti ma tutti rotti dai salti che il concerto ci ha regalato. E a distanza di tre giorni, mi prudono ancora le punture delle zanzare atomiche che c'erano in quella cazzo di spiaggia-palude.


 


Sei il suono, le parole, di ogni certezza persa dentro il tuo odore.


 


 


BONUS, che per un mezzo secondo sono tornato noveenne:


 

lunedì 21 luglio 2014

[RECENSIONI] Gli inganni di Locke Lamora, di Scott Lynch

Lo so che il mio blog latita, ma è la triste realtà di un mezzo che utilizzo essenzialmente per parlare di un determinato argomento (la scrittura) e non, come facevo prima sul vecchio, di tutto quello che passa per la mia testa bacata.
Per dare un po' più di respiro a queste pagine quindi, inauguro una nuova rubrica, dedicata alla recensioni dei libri che ho letto. Nulla di orginale, già, però magari qualcuno è interessato, hai visto mai. Iniziamo dunque con quello che fu uno dei primi romanzi fantasy che abbia letto, ovvero Gli inganni di Locke Lamora.


 
































LA SCHEDA


Titolo: Gli inganni di Locke Lamora
Autore: Lynch Scott
Prezzo: € 19,60 (ma si trova scontato a meno di 10 euro)
Pubblicazione Italia: 2007
Pagine: 605, rilegato
Traduttore: Martini A.
Editore: Nord  (collana Narrativa Nord)



LA TRAMA
(Senza spoiler)


Locke Lamora è un ladro e con la sua banda, I Bastardi Galantuomini, compie abili furti (ma sarebbe meglio dire truffe), ai danni dei nobili della città di Camorr, un posto che è del tutto simile a Venezia, solo che Venezia non è un concentrato di criminalità come in questo romanzo (almeno non credo). Fin qui non ci sarebbe nulla di strano, non fosse che la Pace Segreta, un misterioso patto stipulato anni prima, impone ai ladri di non rubare ai nobili.
Durante una delle sue imprese, una truffa perpetrata a discapito di Don Lorenzo Salvara, Locke e i suoi sodali attireranno le attenzioni di uno strano individio, noto come il Re Grigio, una figura misteriosa che si è fatto notare del capo della malavita di Camorr, Barsavi, uccidendo alcuni suoi sodali.
Locke e i suoi si trovano quindi invischiati da una parte con il Re Grigio e dall'altra con Barsavi, che non tollererebbe affatto di sapere cosa sta combinando con i suoi. In mezzo, la truffa ai danni dei Salvara, il passato di Locke e un mago dell'alleanza.


 


COMMENTO


Cominciamo subito col dire che Gli inganni di Locke Lamora, non è il classico romanzo fantasy. Non ci sono principesse da salvare, mondi da ricostruire, mali da sconfiggere, eroi tutti d'un pezzo; c'è un ladro opportunista e amante del rischio, che vuole essenzialmente salvarsi la pelle e salvarla ai suoi. Di magia ce n'è ben poca, ma non stona con l'ambientazione creata, ed è più un romanzo picaresco che un fantasy. Locke e i suoi dicono parolacce, si prendono per il culo e usano le loro doti non certo per fare del bene. Non ci sono personaggi buoni, né personaggi cattivi: ognuno fa quello che deve fare, a volte compiendo atti di estrema crudeltà, a volte azioni altruistiche, ma nessuno (nemmeno il cattivo del romanzo), è monocorde.
Il libro è scorrevole, complice anche lo stile di Lynch semplice e diretto, proprio come i suoi personaggi.
Ogni tanto, preso dalla frenesia di raccontare, forse c'è qualche lungaggine di troppo, ma è ben poca cosa rispetto alla storia e a quei protagonisti così ben delineati.
L'originalità sta tutta qui: pur non stravolgendo i topoi del fantasy, come fa Abercrombie, Lynch riesce a reinterpretare il genere in modo tutto suo, lasciando fuori molti luoghi comuni a partire dal protagonista (non certo un eroe, non certo abile con la spada o nell'uccidere e non certo un mago) e costruendo una storia che riserva qualche colpo di scena mica male.
Cosa buona e giusta: pur essendo il primo libro di una saga, può essere letto tranquillamente come unicum in quanto la vicenda nasce e si esaurisce nell'arco di tutte le sue 600 pagine. Il che, è un gran pregio.
Io personalmente lo consiglio a chi voglia leggere un buon libro con una leggera venatura fantastica e sopratutto a quelle persone che il fantasy classico, quello coi draghi, i maghi e le spade che cagano, proprio non lo digeriscono.

VOTO: 8/10



SECONDA DI COPERTINA


Dicono che Locke Lamora non abbia rivali nei duelli. Dicono che sia alto, prestante e fascinoso. Dicono che la sua missione sia di rubare ai ricchi per dare ai poveri. Bè, si sbagliano. Piccolo di statura, deboluccio e un pò imbranato con la spada, Locke ha un unico punto di forza: nessuno lo può battere quanto ad astuzia e abilità truffaldina. E benché sia vero che ruba ai ricchi (e a chi, di grazia, dovrebbe rubare?) nessun povero ha mai visto un soldo bucato dei suoi furti. Tutto ciò su cui mette le mani lo tiene per sé e per i Bastardi Galantuomini, la sua banda, che ha come motto: "Vogliamo essere più furbi e più ricchi di tutti gli altri". A suo modo, Locke è il re di Camorr, una città che sembra nata dall'acqua, ornata di migliaia di ponti e di sontuosi palazzi barocchi e popolata da mercanti, soldati, accattoni e, ovviamente, ladri. In realtà, Camorr è il dominio di Capa Barsavi, perversa mente criminale, che da qualche tempo è impegnato in una lotta senza quartiere con il Re Grigio, altro personaggio decisamente poco raccomandabile. Impiccione per natura, Locke si ritrova suo malgrado in mezzo a questo scontro di titani e rischia di lasciarci le penne. Anche perché il suo misterioso passato nasconde un segreto che può mettere in pericolo l'intera nazione camorrana...

giovedì 17 luglio 2014

Filosofia spicciola

Ci sono quei libri che hai letto e di cui conservi un pessimo ricordo: scritti male, pesanti, noiosi e che mai e poi mai riprenderesti in mano, se non per farti volutamente del male e che a ripensarci ti chiedi: "Ma chi me l'ha fatto fare a leggere questa merda?"
Sono soprattutto insignificanti, dozzinali. Niente ti danno e niente ti lasciano, perchè sono uguali a migliaia di altri libri che non valgono neanche la carta su cui sono stampati.

Ci sono poi quei libri di cui conservi un generale buon ricordo, che magari non erano nulla di che ma col passare del tempo hanno acquisito una certa dose di nostalgia e quindi ci ripensi sempre con piacere; magari ogni tanto li sfogli per trovare citazioni o paragrafi che ti avevano colpito, ma che non rileggeresti mai per intero per paura di rovinarti il bel ricordo che hai di essi. Perchè si sa, la nostalgia è bastarda e quello che magari t'era piaciuto anni fa, ora ti annoia o ti deprime (basti pensare che da ragazzino ho adorato i film di Van Damme ma rivederne uno ora sarebbe, come dire, peggio che deludente).

Ci sono anche quei libri che iniziano benissimo, poi per una cosa o per l'altra s'introiano: la trama è troppo semplicistica (o troppo complicata) il protagonista fa delle azioni incomprensibili, succedono dei fatti che non hanno nessuna conseguenza logica e via dicendo. Magari pensi che siano dei gran bei libri, poi invece, verso la fine, ecco che succede qualcosa che non funziona come dovrebbe e tutto va in vacca, il finale fa cagare ed è tutto rovinato. E lo è così tanto che anche quello che c'era di bello all'inizio della lettura viene distrutto da un finale non all'altezza o comunque da una conclusione stupida, inutile ed a volte addirittura dannosa. Sono dei libri deludenti che forse con qualche cura in più, tipo una revisione dei testi o della trama, potevano essere qualcosa di stupendo ma che invece si sono rivelati una grossa fregatura.

Ci sono infine quei libri che hai adorato e di cui conservi uno splendido ricordo e che non ti stancheresti mai di riprendere in mano, rileggere, sfogliare, segnare le citazioni, studiare i paragrafi. Sono quei libri che ti segnano per la vita e che anche a distanza di anni ti dispiace averli conclusi. Quei libri che ti rimangono dentro e che ti insegnano qualcosa in più su te stesso o su quello che ti circonda. Son rari e bisogna centellinarli; e forse l'unica cosa di cui ti penti è che li hai finiti troppo in fretta. Perchè i bei libri finiscono sempre troppo presto. Sono quei libri che anche a rileggerli non perdono un grammo della loro forza, della loro bellezza, perchè sono dei capolavori. Ed anche quando finiscono, te ne porti dentro sempre un pezzo tatuato nel cuore.

E niente, i libri sono come le relazioni sentimentali e le relazioni sentimentali come i libri.

E ogni tanto ti diverti a toglierne uno dallo scaffale per vedere com'era, però, comunque, una capatina in libreria per vedere che c'è di nuovo la fai sempre, soprattutto quando non hai niente da leggere.

martedì 8 luglio 2014

Progetti futuri

In questo periodo, insolazioni a parte, sto lavorando a un nuovo libro. Non ho ancora iniziato a scrivere, ma ho quasi finito la scaletta che sì, questa volta non mi frega e la faccio prima di iniziare:P
Ho anche disegnato una mappa orribile ma funzionale, cioè questa: 



 


Che mi hanno già detto assomigliare ad una delle Okonomiyaki di Marrabbio (chi non sapesse di cosa sto parlando, non è nato/a negli anni '80).
Ho già alcune idee in mente e visto che ci sono ve le presento, magari mi date pure un parere, per quei pochi che sono rimasti.

La storia su svolgerà su un'isola, chiamata Saijuk, ovvero quella qui sopra; è un posto quasi completamente desertico, ma non per questo inabitato. I protagonisti si muoveranno per la maggior parte del tempo attraverso il deserto, incontrando carovane, strane creature e probabilmente anche qualche Jinn o Efreet, che sono i demoni propri della cultura mediorientale. Avete presente Aladino? Ecco, quelli sono Jinn; solo che in genere non esaudiscono desideri o, se lo fanno, cercheranno sempre di fregarvi nel peggior modo possibile. Non inserirò una mitologia classica come quella mediorientale da "Le mille e una notte" ma, piuttosto, una specie di rielaborazione, con giusto qualche rimando al mondo orientale, che ho sempre trovato molto affascinante. I personaggi principali saranno quattro, di cui una donna; fra di loro ci sarà un mago e un colonnello dell'esercito.
Posso dirvi che uno dei personaggi sicuramente si chiamera Sturn o Stunn, sempre per via del mio modo imbarazzante di scegliere i nomi.
Sulla magia ci sto lavorando, per tirare fuori qualcosa di vagamente originale; come in Scritto nel Sangue, la magia sarà qualcosa di limitato, con alcuni poteri ben definiti utilizzabili dal mago e servirà "qualcosa" per poterli utilizzare; niente palle di fuoco alla D&D, per intenderci. I maghi si chiameranno "Inkers". Mi piace che i maghi s'ingegnino per usare le loro doti e questa storia non farà eccezione.

Sarà chiaramente un fantasy, forse un po' più classico rispetto a Scritto nel Sangue; proprio in questi giorni sto pensando se inserire o no delle divinità e se si, come strutturarle. So certamente che ci sarà un inseguimento estenuante e non ci sarà nessun vero personaggio buono ma, piuttosto, persone che inseguono precisi obiettivi.

Anche in questo caso, sarà un libro singolo e anche se non posso ancora saperlo, ho l'impressione che potrebbe venir fuori più corposo del precedente; vedremo insomma. Penso potrebbe venir fuori qualcosa di carino.
E questo e tutto. Non credo pubblicherò altri capitoli di Scritto nel sangue, almeno non prima di 7-10 mesi; il motivo è semplice: mi hanno fatto notare che alle case editrici non piace che gli si mandino libri che sono stati già pubblicati da altre parti, foss'anche un blog. Quindi ecco la decisione: se entro tot tempo non riceverò alcun responso, metterò il libro qui e su altri canali in formato Ebook a pochi spicci (tipo 1,99€) e chi lo vuole, potrà prenderlo in tutta tranquillità. Magari riesco anche a pagarmi le sigarette e qualche caffè:D


Sul blog continuerò a postare, anche se altre cose; penso che qui vedranno la luce dei racconti che ogni tanto tiro fuori dal cappello. Vedremo insomma.
Alla prossima!

mercoledì 2 luglio 2014

Scritto nel Sangue - Capitolo 5

Scusate per l'attesa


 


Capitolo 5
Vent’anni prima.


Il dottore ordinò assoluto riposo. Fortunatamente non era in uno stadio così avanzato della malattia e si sarebbe ripreso perfettamente nel giro di un paio di settimane. In quei giorni Dog stette solamente a letto, con in testa molte domande e poche risposte.
Del gruppo iniziale, erano rimasti solo lui ed il monco; quest'ultimo pregò quasi in ginocchio la donna di tenerlo e quella, alla fine, si decise dopo aver constato che, nonostante il suo handicap, Vas poteva svolgere alcuni compiti come badare al ragazzo, tenere pulita la casa o preparare da mangiare con discreti risultati. Diceva di aver imparato a cucinare al fronte, dove la sbobba dell’esercito era a malapena masticabile e spesso i soldati dovevano ingegnarsi con quello che trovavano di commestibile, per mettere sotto i denti qualcosa che non sapesse di stivali ammuffiti.
Com’era prevedibile, vista la sua ferita, il portamento ed il modo di parlare, Vas era stato un soldato.
«Sono un reduce della guerra delle Pianure di Korr». aveva detto una sera, mentre preparava una zuppa che si rivelò essere piuttosto saporita.
«Dopo che ho perso il braccio, fui riformato dall’esercito ed ho preso a vagare qua e là in giro per l’Impero. All'epoca bevevo molto e giocavo forte; in breve tempo fui sommerso di debiti e fu allora che venni venduto come schiavo. All'inizio non accettavo la mia condizione, ma presto ho imparato cosa significa vivere sotto il giogo di qualcuno, ragazzo».
Dog lo ascoltava attentamente: il monco aveva un modo di fare che gliel'aveva reso immediatamente simpatico.
«Dopo il primo, ho cambiato un paio di padroni, uno peggiore dell’altro credimi, ma alla fine mi ha acquistato quel bastardo di Treznak; nessuno vuole uno schiavo menomato e per questo son rimasto con quel porco per sei lunghi mesi, prima di incontrarvi».
Rimase in silenzio, poi il suo volto si dischiuse in un sorriso. «Mi sento fortunato ad essere capitato qui con voi. Sono di nuovo libero ora e non vi ringrazierò mai abbastanza».

Vas era un uomo dalla facile parlantina e dopo qualche giorno, aveva già iniziato a narrare storie di guerra, sopratutto di quando aveva partecipato all’assalto nella Valle di Skoing.
La donna, pur non sembrando particolarmente interessata a quei racconti, non interrompeva mai quel flusso di parole quasi incessante. Sembrava come se non avesse avuto occasione di parlare di sé per molto tempo e ora che ne aveva la possibilità, era come un fiume in piena.

Ciò rendeva sopportabile quel periodo di degenza, che il ragazzo era costretto a subire in quelle settimane, steso com’era sul letto.

Appena Dog ebbe forze sufficienti per poter camminare si misero in viaggio: da Thiasi si spostarono a Rogan, evitando accuratamente le strade principali, le pattuglie di soldati e i posti di guardia. Sembrava fossero in fuga da qualcosa. La donna non disse mai nulla, parlava poco e per lo più dava ordini, che Vas eseguiva solerte.
In quelle settimane quasi non aveva rivolto parola a Dog, lasciandolo praticamente solo assieme al reduce e con la mente confusa da quella nuova e straniante situazione.

A Rogan si sistemarono in periferia, in una casetta molto rustica costruita con grosse assi di legno non dipinte. Era un'abitazione spartana con una sala di medie dimensioni arredata con un focolare al centro, un tavolo sul lato sinistro e alcuni sgabelli. In fondo, di fronte alla porta principale, c'erano due camere da letto, una un po' più grande dell'altra, entrambe con un materasso di paglia e lenzuola di tela.

Dog e Vas dormivano assieme nella stanza più grande mentre Tya, così si chiamava la donna, in quella piccola. Lei usciva sempre molto presto, spesso prima dell’alba, e tornava la sera molto tardi, assente praticamente ad ogni pasto, mentre Vas si occupava della cucina e della pulizia di casa.
Andò avanti così per una settimana finché una notte Dog si svegliò di soprassalto a causa di uno spiffero e trovò quella strana donna a fissarlo, seduta nel buio di fronte a lui. Sembrava che vedesse o cercasse di vedere qualcosa nel suo volto, tanto l’osservava attentamente; rimase qualche secondo a guardarlo senza dire nulla, continuando a scrutare il volto del bambino. Poi, così com’era entrata, andò via in silenzio, lasciandolo lì sul letto.

Il giorno dopo quello strano evento, appena sorto il sole, Tya andò a svegliare il bambino e lo portò nel cortile retrostante la casa.
Lo osservò severamente senza dir nulla, mentre quello si stropicciava gli occhi con il palmo della mano, ancora intontito dal sonno.

Con un movimento fulmineo, estrasse un coltello da dietro la schiena e lo ferì sullo zigomo, provocandogli un profondo taglio da cui iniziò a sgorgare del sangue. Fu un’azione talmente rapida che Dog si accorse di averla subita solo alla fine, vedendo la donna che rimetteva nel fodero la lama. Un rivolo di sangue gli colò sulla guancia; lui non avvertiva dolore e cercò di toccarsi la ferita, stranito da quello che gli era appena successo. Tya gli bloccò le braccia, prendendolo per le spalle con le mani.
«Fai attenzione ora, concentrati! Cosa senti?»
Effettivamente sentiva qualcosa.
Al di là del sonno, che andava oramai sparendo, e alla sensazione di smarrimento che provava per via delle azioni di quella strana donna, sentiva una sorta di calore nel petto, una specie di grosso peso sul cuore che si irradiava in tutto il corpo. Era come se qualcuno, d’un tratto, gli avesse posato un ginocchio sul torace e ci si fosse caricato con tutto il peso del corpo; non percepiva alcun dolore però: era come un grumo di strana energia che aspettava solo di essere usata.
«Io… sento qualcosa…» disse indicandosi il petto.
Tya lasciò la presa e si allontanò di un paio di passi.
«Sei davvero figlio di tua madre».
«Mia… madre?»
Lei annui.
«Anche tu come lei sei un ematista».
«Ema… che?»
«Ematista, ragazzo, ematista».


Fece una pausa, passandosi una mano fra i lunghi capelli ramati, mentre il ragazzo inarcò le sopracciglia , con fare interrogativo.
«Ho riflettuto in questi giorni » disse «e immagino di doverti dare qualche spiegazione, visto che io e te trascorreremo molto tempo insieme. Voglio che mi dica la verità: come si chiamavano i tuoi genitori?»
«Theron Aberan era il nome di mio padre, mentre mia mamma si chiamava Lysaren Mares… »
Tya non sembrò granché sorpresa ed annuì nel sentire quei nomi.
«Sei il figlio di Lysa, si. Ti ho riconosciuto subito, sai? Hai i suoi occhi, la forma del suo viso…»
«Tu conoscevi la mamma?»
«In un'altra vita io e tua madre eravamo… amiche, si».
Nessuno dei due aggiunse nulla e il bambino appariva più confuso che mai.
«Ma chi sei tu?»
«Io mi chiamo Tyiadam e sono… beh sono l’unica cosa vicina ad una famiglia che ti rimanga al mondo».
Dog sembrò soppesare quelle parole.
«Ma tu… Come conoscevi mia madre?»
Tya ci rifletté per qualche secondo, poi rispose: «Diciamo solo che io e lei siamo state molto... Vicine un sacco di tempo fa e questo è quanto».
Il ragazzino guardò la donna aspettandosi che continuasse il suo racconto, ma quella non aggiunse nient’altro.
«Prima hai detto che sono un ematista… Cosa vuol dire?»
«Un ematista è… Potere. Noi abbiamo il potere di fare…beh molte cose utili».
«Che tipo di cose?»
«Te lo mostrerò a tempo debito ma prima lascia che ti racconti una storia che ti chiarirà un po’ più le idee. Siediti pure » disse, indicando una panca che si trovava appoggiata al muro della casa.
«Immagino tu sappia che ora ti trovi a Rogan, una città dell’Impero Fulgido. Ebbene, circa cinquecento anni fa l’Impero non era ancora nato ed era formato da tanti staterelli sparsi, in continua lotta fra loro, un po’ come sono i regni di Alek ora.
Ci fu un uomo però che ad un certo punto, riunì tutti i clan della sua terra d’origine ed unificò il continente. Si chiamava Uthor il Magnifico, anche se di magnifico non aveva proprio un bel niente: era un uomo rozzo e sanguinario che si impose con la forza e con il massacro sugli altri regni, per poi diventare imperatore e governare su tutto e tutti. Si narra che le sue armate fossero inarrestabili e che i suoi guerrieri potessero fare cose che nessuno poteva nemmeno sognare».

Vas apparve sulla soglia di casa con un secchio: come tutte le mattine, andava a prendere l’acqua dal pozzo nel cortile della casa. Accortosi di quello che stava succedendo non disse una parola ma si sedette accanto a Dog per ascoltare anche lui il racconto della donna.

«Passarono alla storia come “Le Duemila Furie”, i guerrieri scelti di Uthor che lo aiutarono ad unificare il continente. Duemila guerrieri. Un po’ pochi per unificare un posto così grande, vero? Eppure fu proprio così, i resoconti sono piuttosto precisi in merito: con solo duemila guerrieri, Uthor conquistò un luogo enorme, molto più vasto dei regni di Alek. Qualcosa di vero doveva pur esserci in quelle storie, giusto?»
Il ragazzo annuì, perplesso.
«Quei guerrieri erano Ematisti. Riuscivano a fare cose impossibili per i normali esseri umani: si dice che fossero immuni a qualsiasi arma, che potessero muoversi dieci volte più veloci di un uomo, che potessero volare ed altre cose piuttosto fantasiose, tipo sputare fiamme dalle mani, lampi dagli occhi e via discorrendo. In realtà, come sempre accade, la gente ci ha ricamato un po’ sopra con il passare del tempo; però ti assicuro che alcune di quelle storie sono dannatamente vere: quegli uomini potevano davvero fare la maggior parte delle cose che raccontano le leggende. Ma come riuscirono questi barbari ad ottenere un così incredibile potere? Uthor mise assieme i più grandi alchimisti del tempo e quelli riuscirono a creare una pozione che trasformava gli uomini in ematisti. Dopo aver ottenuto il suo esercito, si premurò di massacrare tutti quelli che avevano partecipato alla scoperta, assicurandosi in questo modo che nessun altro potesse mettere le mani su quella pozione miracolosa. In realtà pare che la formula non fosse proprio perfetta ma per ora lasciamo da parte questo aspetto della vicenda. Vas, mi andresti a prendere gentilmente dell’acqua? Grazie».

Il soldato si alzò senza dire nulla e fece come gli era stato chiesto, tornando dopo pochi minuti con una brocca e alcune coppe; versò l’acqua in una di esse e la porse a Tya che bevve a piccoli sorsi per poi riprendere il suo racconto.

«Cosa successe una volta che il continente fu unito? Uthor assunse il potere con il sangue e la guerra, fondando l’Impero Fulgido, lasciando tutto al figlio e avviando l'attuale dinastia imperiale. Cosa successe invece alle Furie? Quello che succede ai soldati in genere: dopo aver seminato bastardi in ogni città conquistata durante l'unificazione del paese, tra stupri durante i saccheggi e puttane, finita la guerra, vennero premiati con terre, ricchezze e matrimoni importanti. Ebbero figli legittimi e poi morirono, come accade presto o tardi a tutti gli esseri umani. Quello che nessuno poteva immaginare, né gli alchimisti, né tantomeno Uthor, era che la pozione oltre ad avergli donato dei poteri straordinari, era penetrata così in profondità nei loro corpi, da mutarne la fisiologia.
Le Furie ebbero discendenza e i poteri si trasmisero ai figli, sia che fossero partoriti da contadine, sia da nobildonne, di generazione in generazione, diluendosi nel corso dei secoli fino ad arrivare ad oggi, a te. Toccati lo zigomo e controlla».

Dog fece come gli era stato detto e non sentì nulla di strano; anzi non sentì proprio niente: dove doveva esserci la ferita la pelle era liscia, nessuna traccia del taglio che la donna gli aveva provocato, nessuna ferita, nessuna cicatrice. Controllò le dita e notò che erano ancora sporche di sangue oramai secco, sicuramente un rimasuglio di quello che gli era colato dallo zigomo. Non solo: il senso di pesantezza sul petto era sparito.

«Esatto, sei guarito ed è tutto merito del tuo sangue: tu, come tua madre e come me, sei il discendente alla lontana di una di quelle duemila Furie che, spargendo il loro seme in giro per il continente, diffusero anche gli ematisti nel mondo».
La donna, vedendo il volto stupefatto di Dog, si concesse un sorriso:
«Dì la verità: non trovi che tutto questo sia assolutamente eccitante?»