lunedì 8 giugno 2015

La burocrazia che ti può aiutare - Parte 3

[Parte 1] - [Parte 2]

Avevamo lasciato il nostro eroe (cioè io), con un faldone di fogli che sono finiti tutti nel tritarifiuti e con, finalmente, in mano il maledetto ISEEU.
Una volta ottenuto l'agognato documento (che ripeto essere una copia-carbone di altrettanti documenti perfettamente identici degli ultimi cinque anni, in cui cambia solamente la data), mi avvio a tornare in quel di Sassari per regolarizzare la mia situazione.
Aspetto quindi il lunedì, visto che il maledetto ufficio è aperto solamente il lunedì mattina o il martedì pomeriggio e mi metto in marcia con un'ora e mezza di anticipo, per non trovare fila.
Arrivo lì che sono le otto e mezza, e ci sono già quindici persone davanti a me.
"Ma cristoddio" penso "a che minchia di ora bisogna venire per non trovare gente?"
Recupero il numeretto e mi va sostanzialmente bene, sono il numero tre, essendo gli altri impegnati con altri sportelli.
Mi metto dunque in attesa, mentre la piccola e soffocante stanzetta, lentamente e inesorabilmente, si riempie di gente.

Arrivano le 9:30, si aprono le porte ed io mi metto diligentemente in fila.
Ora, sapete come sono fatte le code no? Si annuncia il numeretto, solitamente da uno schermo digitale e si va allo sportello indicato. Per snellire le cose, in genere ogni fila è distinta dalle altre, per cui si avrà, tipo il 28A che deve andare allo sportello A, il 37B che va allo sportello B e così via.
Tutto bello e edificante, non fosse che solitamente (e questo capita sistematicamente OVUNQUE, che sia in banca, in posta o al comune), l'omino dietro lo sportello A inizia a ricevere gente anche dallo sportello B, per cui quando è il tuo turno, vieni tranquillamente glissato da una decina di persone che ti passano davanti, perché l'omino ha deciso di occuparsi anche della fila del collega.
È chiaramente quello che succede a me: mi passano davanti cinque persone prima che inizi a salmodiare qualche bestemmia. Alla decima, inoltro protesta cui mi viene risposto un laconico "Aspetti il suo turno".

È quindi con questi sentimenti di gioia e speranza che mi avvicino, dopo un'ulteriore attesa di tre quarti d'ora.
La tipa, quando mi vede mi riconosce subito.

«Salve! Ha portato l'ISEEU?» pigola con un sorriso a trentaquattro denti.
Io non dico nulla, temendo ciò che potrebbe uscire dalla mia bocca in quel momento e le piazzo il foglio davanti.
«È giusto in ritardo di qualche settimana» mi dice, sempre con quel fottuto sorriso. «È fortunato sa, perché io in teoria non potrei più farle questa cosa, perché i rendiconti avrebbero dovuto chiudere la scorsa settimana, mentre sono fortunatamente in ritardo. Fortunatamente per lei, intendo.»
«Guardi che non è che io ho portato sto foglio ora perché, boh, stavo giocando con le barbie fino ad oggi eh?»
Lei alza un sopracciglio e mi guarda con la faccia de "Ma chi vuoi prendere per il culo, amico mio?" però fortunatamente non dice nulla e continua ad immettere i dati nel computer.
Dopo alcuni minuti, volta lo schermo verso di me.
«Ecco fatto, ora lei deve pagare questo e quest'altro. Poi, visto che ha portato la documentazione in ritardo, dovrà pagare la mora.»
«Quant'è?»
«Cinquanta euro. Dai, non sono mica tanti eh?» e ride.
Cioé, ride. E non solo, perché continua con: «Certo, sarebbero stati meglio nella sua tasca piuttosto che darli a noi eh?» e continua a ridere.
Io la guardo.

Mi tornano in mente quei ragazzi della Columbine, assieme a quel mezzo coreano di qualche anno fa che stabilì il record; poi mi torna in mente il tizio ad Aurora, che alla prima di The Return of the Dark Knight, imbracciò il fucile e iniziò a sparare.
Ho un'immagine vivida di lui, al processo, con la divisa arancione, i capelli rossi e lo sguardo stordito, come fosse sotto effetto di valium.
Quando fu condannato, Holmes (questo il suo cognome, un cognome che evoca nobilissimi ricordi), fu molto sorpreso di essere tradotto in prigione e chiese il perché si trovasse lì.

Io aborro la violenza e non imbraccerei mai un fucile ma, in quel momento, ho empatizzato per quel povero ragazzo che chissà, magari gli stava semplicemente sul cazzo il bigliettaio del cinema.

Mi riprendo da quei sogni ad occhi aperti e tento di moderare le bestemmie che mi stanno per venire fuori dalla bocca.
«Senta» dico. «È un mese che sto appresso a questo fottuto foglio. Un-mese. Prima voi non mi mandate la mail per avvisarmi di inserire i dati, poi il CAAF mi dice che non può farmene una copia perché nel frattempo è cambiata la legge e devo rifare tutto daccapo. E solo per questo ci son volute tre e dico tre settimane. Ora io son qui, davanti a lei che mi dice che devo pagare ulteriori cinquanta euro di mora per uno sbaglio che sostanzialmente avete fatto VOI e ride. Cioè, lei sta ridendo.»
La guardo ed il sorriso le si è cristallizzato in faccia.
«E mi sta pure prendendo per il culo. Ma mi dica, c'ho scritto sulla fronte "imbecille" per caso?»
Silenzio di tomba.
La tipa nello sportello li di fianco mi guarda, così fa la persona che stava servendo. Mi guardano a bocca aperta, l'ufficio è stranamente silenzioso, un silenzio irreale.
Forse si aspettano che da un momento all'altro tiri fuori una pistola, non lo so.
«Allora?» chiedo, gelido.
«Ehm io, cioé...»
«No dico, ho scritto sulla fronte imbecille? Guardi, sto anche perdendo i capelli, quindi mi è diventata pure bella spaziosa, dovrebbe essere facile da vedere la scritta. C'è?»
La tipa non risponde, digita le ultime due cose e si sente la stampante entrare in azione. Il silenzio si taglia col coltello, scandito solamente dai TA-CLACK della stampante che in trenta secondi sputa fuori un foglio.
La tipa si volta, lo prende e senza guardarmi me lo porge.
Io fisso il foglio per qualche secondo, poi fisso lei. Afferro il maledetto, alzo i tacchi e me ne vado.

Ancora una volta il nostro eroe ha vinto (?).

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